lunedì 14 novembre 2011

perche' questa inchiesta a Tudia


Questa inchiesta nasce consultando le annate dell'Espresso per motivi di lavoro. Il primo Espresso, quello formato "lenzuolo" con la grafica forte, le enormi foto in bianco e nero, i titoli coraggiosi e i temi, per l'epoca, durissimi. Trovi un pezzo che inizia con parole secche: "Sai cos'è la Repubblica?". "Non ci sono mai stato...". Il titolo del reportage, anzi di una serie di reportage è "L'Africa in casa", la scena si svolge a Tudia, un borgo agricolo sperduto tra Palermo e Caltanissetta. Le firme sono quelle dei miti del giornalismo moderno: Eugenio Scalfari, Gianni Corbi, Nicola Caracciolo, Livio Zanetti. Andarono a scavare nel profondo Sud, a Tudia e in tanti altri posti a cercare il mondo degli "schiavi della terra". Uomini che vivevano come e peggio degli animali con i quali condividevano il tetto, uomini schiacciati dal potere assoluto dei latifondisti padroni dei poderi. Uomini che erano rimasti a ottant'anni prima. Sì, perché l'Espresso del 1959 aveva mandato i suoi grandi inviati sulle tracce dell'immortale "Inchiesta sulle condizioni politiche e amministrative della Sicilia" condotta da Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino nel 1876. Sonnino e Franchetti erano uomini legati alla destra storica che contrastavano duramente l'avvento della sinistra al governo, ma capivano che, per contrastarlo, dovevano occuparsi delle spaventose condizioni di arretratezza in cui versava gran parte del Paese. La loro inchiesta divenne oggetto di un memorabile confronto parlamentare sulla questione meridionale.

Allora, l'idea di "RE Le Inchieste" è stata semplicemente quella di mandare di nuovo qualcuno a vedere cosa era rimasto del mondo scoperto da Sonnino e Franchetti e ritrovato quasi immobile da Scalfari e Caracciolo. Questa volta, a Tudia, c'è andato Attilio Bolzoni e, siccome i tempi e le tecniche mediatiche sono cambiati, insieme a lui è andata la telecamera del giovane registaMassimo Cappello. Il risultato è quello che presentiamo in questa inchiesta piuttosto "eccentrica" (ma ne faremo delle altre) rispetto alle prime di questo sito: un video in tre parti che si gode come un documentario televisivo, un reportage scritto (lo trovate, in parte, anche su "La Domenica di Repubblica) e un'intervista gonfia di Storia a uno dei "reduci" del viaggio dell'Espresso:Nicola Caracciolo.

Bolzoni e Cappello hanno scoperto che il mondo "immobile" di 52 anni fa è per sempre finito. Che ci sono i ricordi (e anche alcuni dei protagonisti a raccontarli) delle lotte che l'hanno trasformato in qualcosa di più giusto e più moderno. E c'è anche (molto interessante) il racconto dell'anziana nobildonna che "regnava" su Borgo Tudia e ancora oggi, per qualche verso, detta legge. Ma qualcosa (senza rimpianti) come sempre succede quando un mondo sparisce, è comunque finito e quasi quasi manca. Quantomeno, un rapporto profondo con la terra che quegli "uomini schiavi" avevano per vergognosa e crudele necessità, ma che sarebbe bello ritornare a vedere in uomini liberi. Qualcuno ci prova, con l'agriturismo e la cultura New Age. Ma non è la stessa cosa.

Nessun commento:

Posta un commento